l papa è santo e non si tocca. Vale per tutti, anche per chi non ci crede. Pena l’oscuramento. Due clamorosi casi di censura. Uno alla luce del sole e uno a quella artificiale di una grande redazione. Parte lo sciopero dei lettori contro La Repubblica.
giovedì 16 febbraio 2006, di Lorenzo Misurac
Del papa non si può parlar male. Lo sa la digos e lo sa il quotidiano La Repubblica, censori alla corte del pontefice. Aperto il manifesto di domenica 12 febbraio ci è scappata una risata. Il giornale scriveva “In migliaia alla manifestazione NO-VAT”. Il giorno prima eravamo stato in piazza Bocca della Verità, a Roma, il punto di concentramento della manifestazione. E non c’erano più di 300 persone. Poi però il Manifesto riportava i dati della questura: 5mila persone. Considerando che sono dati solitamente per difetto, abbiamo concluso che effettivamente nel corso del pomeriggio le fila dei protestatari contro l’ingerenza del Vaticano nella vita pubblica italiana si era almeno decuplicato. Bene. Ma non affatto abbastanza. Non solo perché 5mila persone ad una manifestazione nazionale sono una miseria, ma soprattutto perché oggi in Italia la questione di uno Stato pontificio manovratore manifesto delle più importanti scelte etiche del paese è senza dubbio la battaglia più ignorata dai sedicenti laici. Se per il No alla guerra in Iraq nel 2003 anche nani e ballerine della tv si mobilitarono, se per le pensioni ilo sindacato porto in un solo giorno 3milioni di persone in piazza a Roma, la laicità dello Stato sembra essere una battaglia da soffocare nel silenzio indifferente e colpevole di media e società civile. Riportiamo due esempi di censura allarmante, una alla luce del sole una a quella artificiale di una scrivania da caporedattore.
Sabato 11, come detto, ci trovavamo al punto di concentramento della manifestazione. Le poche centinaia di partecipanti erano “rinchiusi” in un angolo della piazza da nastri a strisce bianche e gialle (che coincidenza) tesi tra un palo della luce e l’altra. Onestamente non ricordo tra le tante manifestazioni pacifiche a cui ho partecipato questa misura delle forze dell’ordine, che rendeva “gli anticlericali” quasi animali selvaggi da tenere sotto controllo. Una organizzatrice comincia a gridare al megafono: “Compagne e compagni, la digos ci ha detto di ritirare lo striscione con la scritta ‘Ratzinger e Ruini, maledetti impiccioni’. Dicono che è vilipendio al capo di uno stato straniero. Avvicinatevi sotto le scale, non lasciamo che ci prendano lo striscione”. Io non credo alle mie orecchie. Ai cortei contro la guerra, "Bush Boia" è la cosa più carina che si legge sui cartelli e nessun poliziotto osa far problemi, e un insulto da cartone animato come “maledetti impiccioni” è sufficiente a rimuovere uno striscione? Neanche il tempo di pensare questo concetto, che i solerti agenti della digos prendono il lenzuolo incriminato e lo infilano di corsa nel loro furgone. Ci guardiamo stupiti e indignati. Poi ci avviciniamo all’organizzatrice sghignazzando amaramente e proponiamo di scrivere “Ratzingere e Ruini, simpatiche canaglie”, magari questa ce la lasciano passare.
Nel frattempo dentro una grossa redazione si è consumata una censura ben più grave. Gli organizzatori della manifestazione NO-VAT “Facciamo breccia” pagano Repubblica per pubblicare un annuncio che pubblicizza data luogo e ragioni della protesta. L’annuncio non viene mai pubblicato. Le ragioni le spiega un appello al boicottaggio del quotidiano di Namir, portale d’informazione indipendente: "’Contro l’ingerenza vaticana nella sfera pubblica’ e ‘Contro i privilegi economici della Chiesa e per la cancellazione del Concordato’ sono le due frasi sgradite alla redazione del quotidiano e che hanno fatto sì che l’annuncio, ripeto a pagamento, venisse cestinato. la redazione ha esplicitamente citato queste due frasi per motivare il rifiuto alla pubblicazione”. A noi, come a Namir, sembra assurdo che il giornale più venduto d’Italia e considerato il più prestigioso, non solo censuri tra le pagine d’informazione una manifestazione nazionale a favore della laicità dello stato in un momento in cui per ragioni elettorali il 90 per cento della politica elettorale china il capo ai diktat del vaticano su etica, morale, libertà di ricerca e di scelta. Ci sembra ancora più assurdo, che censuri uno spazio a pagamento in cui si esprimono critiche politiche “a un capo di stato straniero” (visto che la si vuole mettere su questo piano). Per tanto aderiremo allo sciopero contro Repubblica. Dal 20 al 26 febbraio non compreremo il quotidiano fondato da Scalfari, e invitiamo tutti a non farlo. Di sotto unon stralcio dell’appello di Namir con le indicazioni. Siamo in uno Stato laico. Voglio poter dire “maledetti impiccioni” a due signori che per me rappresentano solo due potenti, così come faccio con tutti gli altri potenti. E guarda un po’ se ci tocca difendere la memoria dei morti del risorgimento, oltre a quelli della resistenza!