-
The Bad
Sanguine Pluit
Iniziamo oggi a pubblicare una serie di racconti scritti da Xeandra che ci accompagneranno nelle prossime quattro settimane. Hanno tutti come tema comune le Arene di World of Warcraft. Se volete leggere altro materiale realizzato da questa nostra amica, visitate la sezione Racconti del nostro forum.
"Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza.
I caratteri più solidi sono quelli cosparsi di cicatrici."
Khalil Gibran
Pioveva, quella mattina.
Una pioggia acida, corrosiva, violenta nella sua espressione più cruda.
La sabbia dell'arena si mescolava alle lacrime degli orfani, il sangue confondersi con le vesti stracciate delle mogli, ormai novelle vedove.
Qualcuno avrebbe dovuto avvisarle che essere spose e compagne di un bellator comportava piegarsi, incondizionatamente, alla Nera Signora ed alle sue regole.
Regole che erano postulati incisi a forza nelle ossa, marchi putrescenti posti su gladiatori più simili a bestie che ad uomini.
Alcarohtar sospirò pesantemente, incassando le spalle e posando lo scudo a terra.
Non era stata una battaglia, ma un massacro: una silenziosa marcia all'Inferno, in cui nessuno aveva trovato redenzione.
Chiuse gli occhi, premendosi i palmi delle mani sulla fronte, il ricordo un pungolo divorante nella carni infiacchite dallo scontro.
L'elfa del sangue era crollata sull'impiantito senza un gemito, la giugulare recisa con un solo colpo.
Alcarohtar aveva scansato l'affondo successivo, infilandosi tra le gambe del troll e conficcandogli il gladio nell'addome.
"Facile" aveva pensato mentre rotolava sulla schiena "tempo qualche minuto e potrò tornare nelle mie stanze, vittorioso."
Con la coda dell'occhio aveva visto il forsaken caricare a testa bassa, assestando una ferita frontale al suo compagno, torcendo la lama ed eviscerandolo.
Faralyn si era piegata sui polpacci, espettorando un fiotto di plasma rubino, prima di cadere al suolo, immobile.
Aveva digrignato i denti, la rabbia spazzar via ogni altro sentimento, annichilendolo.
"Alcarohtar!" aveva gridato Hareus affiancandosi "quel fottuto bastardo mi è scappato!"
Il nano teneva una mano premuta sul fianco, là, dove le fiamme della maga elfa l'avevano colpito, inchiodandolo a terra.
Annuì bruscamente, le iridi turchesi farsi spazio nell'arena, abbracciando ogni sasso, ogni pietra, persino gli stivali in cuoio di quella carogna non-morta.
Lanciò un'occhiata sfuggente alla balconata, ove una divertita Sylvanas Windrunner osservava la competizione.
La Banshee aveva schiuso le labbra, snudando le zanne, il sembiante elfico trasfigurato nell'incubo di un lupo dalle fauci grondanti sangue.
"Allora, Maestro dell'Arena Alcarohtar! E' tutto qui il campione di Stormwind City, osannato da tutte le terre di Azeroth? E' tutto qui quello che sanno fare i vivi?"
Il pubblico aveva riso con lei, la Morte che gli poggiava una mano sul cuore.
Alcarothar aveva scrollato la bruna livrea, rimanendo concentrato ed ignorando i commenti sprezzanti.
Distrarsi voleva dire essere deboli.
Ed essere deboli significava rendere l'anima agli Dei prima del tempo.
E questo non doveva accadere.
All'improvviso, dietro i resti di una statua, aveva notato un movimento circolare, quasi la parabola di un coltello.
Si era abbassato rapido, afferrando per la cinta anche Hareus e spingendolo a terra.
I pugnali gli erano sfrecciati sopra, come altrettanto velocemente aveva sfoderato le lame gemelle, trapassando il costato del rogue non-morto.
L'ambra delle sue pupille si era spenta in pochi istanti, riflessa nelle polle cremisi contrariate della sua padrona e Regina.
Aveva alzato il pugno vittorioso, tendendo una mano al suo compagno.
Ma le sue dita avevano stretto soltanto l'aria.
Gli harenari gli camminavano accanto pigramente, quasi indifferenti alla sofferenza che permeava quel luogo.
Pulivano e rinnovavano quelle pietre che avevano visto la morte di decine di combattenti, rimuovendo con precisione ed abnegazione ogni traccia di sangue e bile.
Un gemito strozzato gli sfuggì dalle labbra, il volto deturpato del suo amico e compagno d'arme avvolto nella bandiera azzurra che per tanti duelli aveva portato, orgogliosamente, sulle spalle.
Per lui, umano e figlio sopravvissuto di Lordaeron, combattere nelle rovine di quella città che gli aveva dato i natali assumeva il nostalgico odore di un debito da rimettere.
Aveva sperato, con l'ardente forza dei martiri, di vendicare una memoria offuscata dal pallido teschio di un flagello mai estinto.
Ma Hareus giaceva tra le sue braccia, spezzato, rotto, come un volgare giocattolo.
Aveva rimosso la lama dal suo occhio appena si era accorto di essere solo su di un podio marcio, ma il veleno era ormai in circolo e non trovava pietà alcuna.
La Banshee aveva applaudito, le mani glorificarlo bugiarde, negli occhi schegge di divertimento e brutale godimento.
Rovesciò il capo all'indietro, urlando contro quegli Dei che l'avevano voluto dominatore e dominato, figlio ed orfano, infine vittima della sua stessa ambizione.
E mentre si prostrava al suolo, sconfitto, una risata di donna gli sfiorò le orecchie, percuotendogli l'anima.
E si chiese se la vittoria potesse avere un sapore ancora più amaro.
Note
- Sanguine Pluit: Dal latino, significa "Piove Sangue"
- Bellator: dal latino, indica un "guerriero"
- Harenari: squadre di operai che rinnovavano, durante la giornata di gara, la sabbia delle arene.
Statistiche: Inviato da Ligario — 20-05-2011 06:15 — Risposte 0 — Visite 4
More...
Posting Permissions
- You may not post new threads
- You may not post replies
- You may not post attachments
- You may not edit your posts
-
Forum Rules