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The Bad
Blut und Sand
Terzo appuntamento con la serie di racconti scritti da Xeandra appositamente per Battlecraft e la Community Challenge 2011, tutti ambientati nelle Arene di World of Warcraft. Se volete leggere altro materiale realizzato da questa nostra amica, visitate la sezione Racconti del forum.
"Tutti noi siamo condannati ad una vita
di solitario confino all'interno della nostra pelle."
Tennessee Williams
Nessuno sapeva dove si trovasse.
Nessuno sospettava che stamattina, alle prime luci dell'alba, l'uomo più importante dell'Alleanza intera fosse sceso di nascosto dalle sue stanze, avesse rubato un grifone ed oltrepassato il confine tra due mondi.
Sorrise, un calore lento e soffuso ingentilire lineamenti maschi e sfregiati nelle mille cicatrici che una vita può lasciare.
L'iride turchese corse al cielo cristallino, ossigeno puro.
Gli erano sempre piaciuti i paesaggi bucolici, tranquilli, di quelli che leniscono l'animo e l'orgoglio, ma non aveva mai potuto farne parola con nessuno.
Lo faceva sembrare debole e lui non voleva apparire tale.
Voleva che chiunque lo guardasse vi leggesse l'impronta di un regno scolpito nell'azzurro dell'innocenza e nell'oro della giustizia, un leone ambrato porre, protettivo, le zampe su tutti loro.
Un talbuk gli si avvicinò curioso, l'argentea livrea scuotersi al soffio del vento tiepido dell'est, un insieme di odori e fragranze che aveva imparato a distingure bene.
Lo accarezzò, forse un pò troppo rudemente, ma le sue erano mani callose di gladiatore, temprato nelle urla guerresche della folla e nei rimproveri di un orco a cui doveva rispetto.
Nonostante tutto.
Jaina Proudmoore l'aveva fissato offesa, ombreggiando i suoi zaffiri sotto le palpebre pesanti per il sonno mancato.
"Dei, Varian! Le risorse economiche del paese sono al collasso dopo la campagna nelle Northrend! E tutto quello a cui riesci a pensare è muovere guerra all'Orda. I soldati costano. Le loro famiglie costano. OGNI cosa, persino le loro vite."
"Dei, Jaina!" l'aveva sbeffeggiata lui "se a qualcuno non fosse venuto in mente di mettersi un elmo ghiacciato sulla testa, a quest'ora non avremmo avuto tutte queste perdite!"
La maga di Dalaran aveva spalancato un poco gli occhi, restringendo poi la pupilla ed incrociando le braccia al petto.
Era forte quella piccola femmina: difendeva con protervia e ferocia i residui di un sentimento che aveva portato via con sè un pezzo di spirito ad ognuno di loro.
Quando gli rispose, lo fece con la calma gelida di chi ha scritto pagine e pagine di Azeroth, vergandole con le proprie lacrime.
"E' forse una colpa tentare? E' forse una colpa inseguire una promessa fino ai confini della propria morale, schiacciando la linea retta della storia e rendendola una parabola discendente? Se lo fosse, Varian, tu saresti ora colpevole quanto lui."
Lo schermidore di Stormwind City era rimasto in silenzio, il lupo spettrale che era in lui assopirsi al canto di un usignolo, le cui ali erano state strappate eoni prima.
Da un mostro chiamato destino.
E lui ce l'aveva inciso sulla pelle il suo destino.
Se l'era portato addosso da quando, appena bambino, aveva visto assassinare suo padre dall'amica più fedele che avesse mai avuto.
Con la purezza dei fanciulli aveva stretto le spalle di un Principe che, al contrario di lui, possedeva ancora tutto: salvo poi combatterlo con la stolida convinzione di chi non vuole vedersi riflesso in un trono sporco di peccato ed odio.
La trama perversa degli Dei gli aveva riservato un posto d'onore persino nell'amore, trovato ed infine fatto a pezzi con la stessa facilità con cui si uccide una farfalla.
Ma c'era qualcosa che gli era entrato dentro, come un cancro, o come la mefitica cuspide di una Banshee arrogante e spietata.
Ed era l'insano orgasmo della lotta.
Suo figlio disponeva della fragile bellezza di Tiffin, ma l'istinto e la collera, eredità di un padre combattente, si piegavano docilmente alla lucida matematica di un cervello infallibile.
"Questo è un atto insensato." l'aveva redarguito pacato "Migliaia di denari stanno scorrendo come acqua fuori dalle casse della città: inutilmente. Hellscream non cederà mai le terre di Azeroth, men che meno Lady Windrunner, e tu questo lo sai."
"E quindi suggerisci di rimanere qui a fare niente?" aveva grugnito fissando la mappa davanti a lui
"Io dico..." aveva replicato il principino posando una mano sul tavolo ed attirando la sua attenzione "che se le nostre risorse fossero impiegate nella loro interezza solo e soltanto sul Culto del Crepuscolo e Deathwing, avremmo più possibilità di vincere."
Varian stornò gli occhi dalla cartina, alzando un sopracciglio irritato.
Anduin, per contro, sospirò pesantemente, abbassando le spalle.
"Ma tanto cosa te lo dico a fare... la verità è che non sei mai tornato veramente..."
"Non capisco cosa intendi." era stata la risposta brusca "Sono qui. Come dovrebbe essere."
"No padre..." aveva mormorato il biondo principe con una sorta di cruda rassegnazione nella voce "tu non sei mai tornato. Lo'gosh è tornato, ma non mio padre."
Ed era vero.
Da quando era rientrato nelle sale di palazzo, la pietra bianca di Stormwind City sembrava soffocarlo, il suo spirito bramare con la stessa voracità di una fiera la sabbia della rena.
Perchè l'arena ti scavava dentro, smembrando e spezzando ciò che eri, ricostruendoti poi a sua immagine e somiglianza.
L'arena chiamava sangue ed altro sangue, bocche irte di denti e sguardo uncinato di bestia.
C'erano regole che diventavano parte del tuo essere, affondando radici così profonde da non poter essere estirpate senza anche ucciderti.
Per questo si trovava lì, dove tutto era cominciato, davanti a Trial of Champions: per capire.
Si era spezzato le ossa, beandosi del ruggito barbaro ed al contempo eccitante della folla, recidere vite un gioco ridicolmente facile, in cui i numeri diventavano l'assurdo elenco di gloria di un mietitore.
Era stato sul dorso di lupi spettrali che erano solo canini grondanti bile e rabbia, l'adeguata cavalcatura per un gladiatore che, come lui, non faceva prigionieri.
Se si chiudevano gli occhi e ci si permetteva di ascoltare, la polvere della rena sembrava sussurrarti e blandirti, crescendo i propri bellator come colossi da spedire per il mondo, macchiandolo con le proprie aride leggi.
Le sue iridi ghermirono per un'ultima volta la struttura in legno e cemento di Nagrand, Lo'gosh grattare ed uggiolare nel suo animo come un cane ferito.
Varian discese la collina lentamente, i visi di coloro che erano periti sotto le sue strette d'acciaio un ricordo incondivisibile, ammassi informi in cui le lacrime di terrore e paura si perdevano.
Vinci e vivi, oppure perdi e muori.
Uccidi per primo per non essere ucciso, non lasciare nessuno che possa anche solo covare rancore per l'empia carneficina, perchè un buon soldato non ha debiti da rimettere.
Non pensare, perchè questo implica il rimorso, un lusso che solo i fortunati oppure gli stupidi possono permettersi.
Ma mordi.
Estrai le zanne dalla loro conca ed affondale nel tuo avversario senza pietà alcuna, perchè se c'è una cosa che ti insegna le vita è che la Morte non è certo schizzinosa su chi falciare.
Semplice, efficace, selvaggio nel suo realismo.
Perchè se vi era un luogo su tutta Azeroth in grado di mostrare il tuo vero essere, scuoiandoti della maschera che portavi e costringendoti davanti ad uno specchio di viscere e plasma, quello era l'arena.
Sempre.Statistiche: Inviato da Ligario — 03-06-2011 09:09 — Risposte 1 — Visite 12
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